mercoledì, ottobre 02, 2013

Saturno

Si aprono le porte alle mie spalle e l'unica cosa che mi passa per la mente è: fai un passo indietro.
I miei piedi atterrano sicuri sulla banchina e ripercorro il viaggio iniziato 10 minuti prima.
Sono le 8 e dato che negli ultimi tempi tardo un po a prendere la metropolitana so già che ci sarà ad aspettarmi il solito vagone di dannati, stipati in un girone dantesco fatto di ogni genere di olezzo (dai teenajer feromonali passando per gli eccedenti di dopobarba fino alle "shiure" che si fanno la doccia nel profumo) e dove i diavoli persecutori e le vittime si fondono in un'intima reciprocità speculare dovuta alla stupidità del genere umano.
Salgo sul vagone, già stipato ma con ancora abbastanza spazio per poter stare in piedi, addirittura leggendo un libro (che fortuna! Amo isolarmi dalla metropolitana tuffandomi nella letteratura, di bassa o di alta lega che sia).
Il treno parte e alla prima fermata salgono nuovi passeggeri incuranti, o meglio strafottenti della normale occupazione di spazio che hanno i propri corpi, lo spazio si stringe.
Seconda stazione la situazione si ripete uguale a se stessa sempre meno spazio e, a crescere c'è il malumore di tutti (io ormai ho dimenticato il libro, segregato nella valigetta e scruto le facce dei vari zombie da smartphone chini su questo magico strumento che ha lo straordinario potere di tenerli in contatto con il mondo, perchè essere social vuol dire occuparsi del lontano ignorando o pestando i piedi a quelli che ti stanno vicino! Ah la civiltà!).
Nuova stazione, nuova diminuzione di spazio, mi ritrovo dal lato opposto di dove sono entrato, tra l'latro il lato da cui avrei dovuto scendere e che ora mi pareva irraggiungibile!
Ormai stretto in una morsa di carne umana inizio a estraniarmi dalla realtà e a immaginarmi entità non fisica, ma l'idea di essere attraversato da quei portatori sani di stupidità che condividono il mio vagone mi fa stranamente schifare e riprendere contatto con la situazione.
Lo spazio ormai è infinitesimale, gli unici movimenti possibili alla gente sono quelli di muovere gli occhi, fissare l'orologio e sbuffare come se questo li avesse fatti uscire prima.
Hanno tutti fretta una fretta del diavolo, c'è chi deve andare a lavorare, chi non può tardare a una lezione, chi ha un esame medico da effettuare, chi non sa ancora che farà nella giornata ma ha comunque una fretta fottuta di iniziarla, iniziarla li: su un vagone stipato della metropolitana.
Il tempo cari lettori, è quello che ci frega sempre, quello che pensiamo o di non avere mai o di avere in abbondanza, ci mina nella sua pochezza gli eccessivi programmi che facciamo, ci tedia nella sua lunghezza le giornate vuote che abbiamo, in una città dove tutti poi sono di fretta diventa un'irraggiungibile entità capace di sfuggire a molti.
Ed ecco che mentre rifletto sul tempo e mi ritrovo un gomito non mio in una parte di corpo mia (e anche piuttosto delicata) il treno dei dannati fa una nuova fermata, sento che le porte si aprono alle mie spalle.
FAI UN PASSO INDIETRO
eccomi sulla banchina, un'altro passo e il mio campo visivo si allarga, mi sembra di essere davanti a un dipinto di una chiesa pieno di anime in pena in una Bolgia e invece no sono sotto metri di terra, magari vicino all'inferno ma di sicuro in piena civiltà.
Sorrido, sento il bip delle porte in chiusura ed esclamo: "signori divertitevi!" un dannato mi sente, mi squadra stupito, le porte si chiudono il SUO inferno su rotaia parte.
Mi guardo in giro, una banchina deserta, sorrido nuovamente, mi appoggio al muro di fondo estraggo il libro e leggo, mi immergo talmente nella lettura che non mi rendo conto del treno in avvicinamento, sono nella realtà di un altro autore quasi a purgare l'inferno appena scampato, mi rendo conto del doppio bip delle porte in chiusura troppo tardi alzo lo sguardo e intravedo un vagone molto meno stipato di quello di prima dove alcuni mi stanno fissando quasi a prendere in giro la mia momentanea estraniazione, scuoto le spalle mi ributto sulla lettura e mi avvicino al treno ormai in partenza.
Arriva il treno successivo, la porta si ferma davanti a me, si apre e mi invita lusinghiera in un vagone semivuoto, faccio un passo avanti senza distogliere lo sguardo dal libro, salito non cerco neanche posto a sedere (ce ne sarebbe quanto ne voglio) mi giro verso le porte in chiusura, alzo lo sguardo e mi rivedo come appoggiato alla parete abbandonata poco prima, mentre i dannati passavano (e magari ormai quelli erano già arrivati in un nuovo piccolo inferno lavorativo/scolastico o ospedaliero) con uno sguardo ebete immerso nella lettura.
Si chiudono le porte, in piedi (a me piace così) mi richino nel mio libro, ho perso del tempo ma ho guadagnato serenità, non credo sia poco.

Ah sto leggendo l'ultimo libro di Dan Brown (forse per questo sono fisso su una visione dantesca, siete fortunati che non ho scritto nulla quando ero immerso nelle mie due altre precedenti letture) criticatelo o amatelo, a me aiuta a sfuggire da una quotidianità mattutina che ormai mi disgusta.... nuovamente... scusate se è poco

3 commenti:

Joker ha detto...

Ho la pelle d'oca...
Immagino i neon che lampeggiano ronzando, i non morti che affollano il vagone con gli occhi spenti, perdendo pezzi di sé stessi.

Devo iniziare a leggere Dan Brown anche io mi sa! :)

Sea ha detto...

Ahhh Milano! Non cambierà mai!

Anonimo ha detto...

Mannaggia che pazienza...io sarei già esaurita, anche se il problema di questo mondo è che spesso in onore della sopravvivenza tocca "adattarsi" a tutto a discapito della serenità!
Continua a ricercare sempre momenti tuoi che ti fanno star bene...è la ricetta che dovremmo seguire tutti per non sclerare sempre dietro a qualcosa che neanche noi sappiamo bene cosa sia!

Bello Dan Brown!:)
Adhara